PERCHE UNO STUDIO DI PILATES NON DEVE ESSERE UNA A.S.S/S.S.D. A RL
di Lucia Nocerino – Presidente APPI – con la collaborazione del dott. Marco Di Stefano
La legge n. 36/2021, meglio conosciuta come Riforma dello Sport, ha messo in crisi il mondo delle professioni collegate alle attività motorie per la regolamentazione di alcune figure collegate al settore sportivo e per le regole che la stessa ha comportato relativamente all’inquadramento fiscale del lavoratore definibile sportivo.
I quesiti che ci poniamo in questa sede sono i seguenti: un professionista di Pilates rientra oppure no nella categoria dei lavoratori sportivi dettata dal legislatore? Gli studi di Pilates costituiti come A.S.D. (associazione sportiva dilettantistica) o S.S.D. a R.L. (società sportiva dilettantistiche) possono mettersi in regola con la nuova riforma dello sport?
In quanto associazione di categoria presente nell’elenco MIMIT per le professioni non ordinistiche ai sensi della legge 4/2013, APPI è del parere che la disciplina Pilates non possa essere considerata uno sport, tanto è vero che la voce Pilates, non è mai stata e non è, neppure dal 2018, ricompresa nell’elenco ufficiale delle attività agonistiche e sportive. Ne consegue, come logico corollario, che l’insegnante di Pilates non rientri nella categoria dei lavoratori sportivi.
L’esclusione di cui al punto precedente comporta la non applicabilità dei benefici fiscali tipici delle A.S.D. ovvero delle S.S.D. a R.L. e delle agevolazioni fiscali su indennità, compensi e premi per collaboratori sportivi, nonché la perdita delle agevolazioni ai sensi della l. n.398/1991, infine, la cessazione delle agevolazioni previste dall’art. 148 comma 3 del TUIR e della possibilità di iscriversi nell’elenco dei soggetti beneficiari del cinque per mille.
Il nostro parere, dunque, è che uno studio di Pilates non possa rientrare nel perimetro della normativa dello sport, ma debba essere classificato come uno studio professionale.
A sostegno del nostro assunto, esponiamo quanto segue.
Tenuto conto della definizione di “sport” di cui al D.lgs. n. 36/2021 la disciplina di Pilates non può essere definita sportiva, è piuttosto da annoverarsi tra quelle di ispirazione filosofica in senso lato, che comportano anche attività motoria, in quanto trattasi di attività olistica peraltro già inserita nella regione Lombardia tra le discipline bionaturali e del benessere.
Molti insegnanti di Pilates, in passato, hanno lavorato presso A.S.D./S.S.D. attraverso i tesseramenti di diversi Enti di Promozione Sportiva che fanno rientrare la nostra nella categoria generica della “ginnastica finalizzata alla salute e al fitness” o piuttosto alla “ginnastica per tutti”.
Noi stessi nel 2018 quando è sorto il caso del registro CONI 2.0 collaborammo con gli Enti di Promozione Sportiva per risolvere il problema del tesseramento di tantissimi insegnanti di Pilates impegnati nel dilettantismo sportivo mediante associazioni sportive ovvero società sportive, ma alla luce della nuova normativa riteniamo che gli insegnanti di Pilates debbano collaborare come lavoratori autonomi, dunque, non come lavoratori sportivi.
Infatti, pur comprendendo la motivazione fiscale sottesa alla scelta dell’associazionismo sportivo, ci preme sottolineare che essa ha creato seri problemi alla categoria.
Per erogare gli attestati in “ginnastica finalizzata alla salute e al fitness con metodo Pilates” l’Ente di Promozione Sportiva deve erogare direttamente o indirettamente (ossia delegando altri enti che si occupano di formazione) corsi di formazione nella disciplina.
Tali corsi sono svolti a fini “dilettantistici” a prezzi molto bassi e con una formazione molto breve, senza un’adeguata preparazione di chi poi andrà a prestare il servizio ai cittadini. Orbene, questa pratica sta provocando un proliferare di insegnanti con scarsa preparazione professionale.
Siamo convinti del valore aggiunto che un professionista esperto in Pilates possa rappresentare in una società sempre più anziana e desiderosa di un’attività motoria erogata da persone competenti. Crediamo che questo valore aggiunto, che un professionista esperto di Pilates esprime, debba essere valorizzato e adeguatamente compensato economicamente.
Per tale motivo noi auspichiamo che al professionista di Pilates, che abbia affrontato notevoli oneri economici e dedicato gran parte del suo tempo nella formazione, sia consentito di collaborare con diversi committenti: studi di Pilates, alberghi, centri benessere, scuole, uffici e anche A.S.D./S.S.D. ma sempre da lavoratore autonomo con partita IVA o con contratti co.co.co. standard (collaborazione occasionale) e dunque non sportivi.
Ove poi l’attività del professionista di Pilates sia svolta nel settore dilettantistico, riteniamo che essa debba rappresentare una prestazione di servizio regolamentata da un contratto di collaborazione professionale (contratto di prestazione d’opera) mediante il quale l’insegnate di Pilates, professionista, dietro il pagamento di un corrispettivo, si impegna a prestare un servizio attraverso il suo lavoro, senza vincoli di subordinazione con il committente.
Per quanto finora espresso riteniamo anche che lo studio di Pilates non possa essere una A.S.D./S.S.D. a R.L., in quanto manca il requisito della finalità sportiva nel senso tecnico del termine.
È noto che le A.S.D./S.S.D. debbano rispettare tre regole per essere riconosciute enti senza finalità di lucro e quindi non commerciali, per poter usufruire dei vantaggi fiscali collegati:
• svolgere “attività sportiva”, intesa come l’organizzazione e/o la partecipazione di un ente sportivo dilettantistico a competizioni sportive territoriali, nazionali ed internazionali approvate e/o indette dall’organismo sportivo o dalla federazione sportiva di competenza;
• praticare “attività didattica”, cioè, organizzare o partecipare a corsi di avviamento allo sport;
• prestare “attività formative”, intese come iniziative finalizzate alla formazione e all’aggiornamento dei tesserati dell’organismo sportivo che ha affiliato e riconosciuto ai fini sportivi l’ente sportivo dilettantistico.
Possiamo pertanto escludere (senza entrare nei dettagli delle ulteriori regole collegabili alla normativa, essendo sufficienti a tale scopo i suddetti tre punti), che uno studio che si occupi esclusivamente di Pilates possa rispettare i requisiti previsti dalla normativa.
È consentito che le associazioni e le società sportive dilettantistiche si occupino anche della disciplina Pilates a patto che abbia carattere secondario e strumentale all’attività prevalente ed istituzionale.
Ad oggi non esiste una definizione che chiarisca meglio cosa debba intendersi per “attività secondarie e strumentali”. Possiamo tuttavia far ricorso a un decreto ministeriale emanato per gli Enti del Terzo Settore, il quale contiene una definizione che potrebbe essere estesa per analogia di materia al nostro caso; definizione che riportiamo letteralmente di seguito (ci riferiamo al Decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 107 del 19 maggio 2021).
Le attività diverse si considerano strumentali rispetto alle attività di interesse generale se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate dall’Ente del Terzo Settore, per la realizzazione, in via esclusiva, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’ente medesimo. Le attività diverse si considerano secondarie rispetto alle attività di interesse generale qualora, in ciascun esercizio, ricorra una delle seguenti condizioni:
1. i relativi ricavi non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’Ente del Terzo Settore (nel caso del Pilates che ci riguarda, il 30 per cento deve essere riferito alle attività di Pilates, la restante parte alle attività sportiva, n.d.r.));
2. i relativi ricavi non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’Ente del Terzo Settore.
L’individuazione della attività diverse è importante ai fini della definizione del carattere non commerciale dell’Ente del Terzo Settore. Si rammenta infatti che, se i proventi derivanti dalle attività diverse (escluse le sponsorizzazioni) e dalle attività di interesse generale svolte con modalità commerciale, superano le entrate derivanti da attività non commerciali, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale a partire dal periodo di imposta in cui si verifica l’evento. Pur consapevoli che la materia sia in continua evoluzione e che pertanto andrà riesaminata alla luce di ulteriori normative al riguardo, segnaliamo questi ulteriori elementi di criticità:
· l’attribuzione della rappresentanza legale dell’associazione. Molte associazioni sportive hanno per anni sempre lo stesso presidente, senza un adeguato ricambio di titolarità, non riuscendo efficacemente a garantire elezioni democratiche, anche a causa del disinteresse degli associati, che non partecipano adeguatamente alle funzioni essenziali della A.S.D. dettate dalla legge e dallo Statuto (ad esempio approvazione del rendiconto) con grave pregiudizio del principio della democraticità interna;
· l’assenza di fini di lucro ai sensi dell’articolo 8 del D.lgs. n. 36/2021. Questo che sembra un punto scontato in un’associazione, in realtà non lo è se si fa un’attività di studio di Pilates dunque di fatto commerciale, in quanto quelle che dovrebbero essere quote di partecipazione sono, nella maggior parte dei casi, pacchetti di lezioni.
Per tutti questi motivi, pur comprendendo che i benefici economici del dilettantismo sportivo hanno un loro peso sulle scelte degli insegnanti, riteniamo che un professionista di Pilates debba essere considerato un lavoratore autonomo e che lo studio di Pilates sia uno studio professionale. Per tali ragioni APPI, anche in collaborazione con Confcommercio Professioni, ha richiesto e sta ottenendo il codice Ateco sia per i professionisti sia per lo studio di Pilates e si sta impegnando per la realizzazione di una norma tecnica UNI sulla certificazione delle competenze e l’inserimento della disciplina nell’Atlante del lavoro INAPP.